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IL CONSIGLIO DI STATO STA CON ROMENO, SALVATI I PRADIEI

IL CONSIGLIO DI STATO STA CON ROMENO, SALVATI I PRADIEI

La sentenza del Consiglio di Stato che respinge il ricorso di Michele Zucal alla rimozione del vigneto sul Doss di Romeno mette fine alle incertezze di legittimità delle norme inserite dai Comuni dell'Alta Val di Non, in cui si stabilisce il divieto di infrastrutturare il territorio agricolo con pali di sostegno, teli di copertura, serre e tunnel, a tutela del Patrimonio Prativo dell'Alta Val di Non.

L'azione congiunta del Comune di Romeno e della nostra Associazione presso il Consiglio di Stato hanno portato a questo risultato, che merita l'attenzione di tutta la Comunità dell'Alta Val di Non e della Provincia autonoma di Trento.

Alta Val di Non - Futuro Sostenibile ha sempre sostenuto e sosterrà l'Agricoltura di Montagna, che coltivi e curi il territorio, anche e soprattutto nel rispetto delle caratteristiche paesaggistiche e ambientali. 

I Pradiei dell'Alta Val di Non, ricordiamolo sempre, sono un Patrimonio dell'Umanità dei residenti e di tutti coloro che apprezzano, stimano, visitano e frequentano il nostro territorio.

Esprimiamo la nostra soddisfazione per questo risultato, che corona l'impegno e la dedizione dei Comuni dell'Alta Valle e della nostra Associazione.

Continueremo a promuovere le produzioni agricole locali e i consumi a filiera corta, come scritto nel nostro statuto, promuoveremo serenamente il vino noneso, quando coltivato nelle zone in cui le modalità di questa coltura sono consentite. 

Grazie a tutti, buoni Pradiei a tutti!

 

 

 

BUON DECIMO COMPLEANNO

Buon decimo compleanno Alta Val di Non – Futuro Sostenibile!

Era la sera del 23 gennaio del 2009 e nell’aula consiliare del Comune di Sarnonico si teneva una riunione durante la quale sarebbe stata fondata l’Associazione Alta Val di Non – Futuro Sostenibile.

Lo scopo principale dell’associazione era quello di evidenziare l’importanza che le Praterie dell’Alta Val di Non rimanessero tali, evitandone la trasformazione in colture intensive che ne avrebbero irrimediabilmente cambiato l’essenza.

L’azione dell’associazione, iniziata con colloqui con le amministrazioni locali, con gli operatori dell’agricoltura zootecnica e frutticola, con residenti e ospiti, contribuì a rafforzare la consapevolezza che le praterie dell’Alta Val di Non sono una risorsa insostituibile per il benessere di chi le vive o vi trascorre del tempo, dai residenti agli ospiti, compresi i frutticoltori della media-bassa valle che volentieri le frequentano.

Questa consapevolezza si espresse con la raccolta fiume di 2890 firme in una Petizione che venne presentata alle amministrazioni Comunali, Comunità di Valle e Provincia di Trento nel maggio del 2009.

Da allora, attraverso un percorso impegnativo, ardito perché privo di precedenti, supportato dalla sensibilità di abitanti e ospiti, dalla consapevolezza e senso di responsabilità degli amministratori, dalla collaborazione del mondo contadino consapevole, iniziò un percorso di regolamentazione urbanistica che sostenne le agricolture zootecniche e le agricolture di montagna propriamente dette, regolamentando per evitare pesanti cambiamenti paesaggistici e ambientali.

Ora siamo soddisfatti di questo risultato, tutti quelli che lo hanno promosso e sostenuto, chi lo ha criticato e combattuto ( rafforzandone le motivazioni), chi ha sensibilizzato, chi ha partecipato ai lavori e agli incontri, chi ha agito dalla sua posizione istituzionale, chi soprattutto ora e ancora beneficia di un paesaggio e di un ambiente fantastico come è l’Alta Val di Non!

Ma non è finita qui: molta soddisfazione è venuta dall’interazione con altre realtà che hanno dimostrato le stesse sensibilità nei confronti dei propri territori: parliamo del Comitato per il Diritto alla Salute in Val di Non, del Regolamento dell’Agricoltura di Malosco, parliamo di Rumo con Convivere Rumo e l’Amministrazione comunale e il loro comportamento maturo e esemplare, parliamo della fattiva collaborazione con Malles Venosta, divenuta simbolo della lotta ai pesticidi di sintesi a livello nazionale e oltre, parliamo della lotta ai pesticidi della zona del Bellunese, del forum nazionale Salviamo il Paesaggio-difendiamo i territori, parliamo di tutte le realtà con le quali sono stati condivisi criteri e princìpi di rispetto di ambiente e paesaggio quali strumenti di benessere per le popolazioni, superando il criterio che i territori vanno “sfruttati” principalmente per la produzione di reddito.

Nella prima petizione promossa da Alta Val di Non – Futuro Sostenibile si parlava di “Parco naturale agricolo”, il principio rimane lo stesso ma oggi si parla di “Distretto Biologico”.

Pensiamo che parlare di biologico 10 anni orsono sembrava follia; il tempo e i ragionamenti, il lavoro di contadini allevatori e coltivatori di orti e frutti, “temerari” ma realisticamente convinti, l’attenzione sempre crescente dei consumatori verso prodotti biologici e biodinamici e la sostenibilità economica di queste colture, la crescente predisposizione agli acquisti di alimenti prodotti a “filiera corta” o di “prossimità” o “kilometro zero” come dir si voglia, ci stanno dirigendo verso una possibile realtà biologica, che valorizzi e premi ulteriormente un percorso virtuoso ormai decennale.

In tutto questo percorso le Praterie dell’Alta Val di Non assunsero la denominazione di Pradiei, dal nome della campagna fra Fondo e Sarnonico, che venne esteso per praticità e simpatia a tutta l’Alta Val di Non.

Il migliore augurio a tutti coloro i quali hanno lavorato e lavorano per i Pradiei dell’Alta Val di Non e a chi le gode e potrà sempre goderne!

 

Lamponi a Cavareno

Agricoltura di montagna legata al territorio? Cosa c’entrano i lamponi fuori suolo a Cavareno ?

 

Le Praterie dell’Alta Val di Non, un paesaggio da salvaguardare e valorizzare!

Per quanto riguarda l’associazione Alta Val di Non – Futuro Sostenibile sono 8 anni di lavoro a fianco delle istituzioni  locali e provinciali e alle categorie di agricoltura, turismo, commercio e artigianato, al fine di promuovere una gestione del territorio, soprattutto quello agricolo, che continui nel migliore dei modi l’attività zootecnica o intraprenda altre colture agricole, diversificando la proposta sul territorio, sempre rispettando il paesaggio, facendo cioè agricoltura evitando le “infrastrutture in campagna” come pali di sostegno, teli di copertura, serre e tunnel.  

Tutto parte da una presa di coscienza della popolazione, avvallata dalle amministrazioni locali e, solo negli ultimi due anni dall’assessorato all’urbanistica della provincia, condivisa col mondo contadino e con ospiti e turisti, che il paesaggio dell’Alta Val di Non sia un Valore da salvaguardare e valorizzare in una condivisione di impegno di popolazione-agricoltura-turismo.

A fianco delle norme introdotte sui Piani Regolatori dei Comuni dell’Alta Valle, che vietano su gran parte del territorio prativo le infrastrutturazioni in campagna, si è svolta una continua azione di promozione del consumo dei prodotti locali da agricolture a cielo aperto, inoltre si è costituito da anni il gruppo di produttori biologici “Amici della terra Alta Val di Non”, e vi sono iniziative per estendere la pratica biologica anche all’allevamento del bestiame.

A Cavareno tutto questo lavoro non è bastato perché è stata avviata un’attività di coltivazione di lamponi su un prato stabile in zona agricola di pregio paesaggistico sopra l’abitato.

Ma che problema c’è se si piantano lamponi??

Nessuno se i lamponi fossero coltivati in terra, sono una bella coltura, come tutta l’agricoltura è di fatto. Qui i lamponi verranno coltivati invece in vaschetta fuori suolo, in terriccio proveniente da chissà dove  in sacchi di plastica,  irrigati con fertilizzanti chimici, coperti da teli in pvc bianco fino a terra. Si tratta di un metodo di coltura industriale che non ha nessun legame fisico col terreno e nemmeno vuole averlo, non vuole problemi col suolo, produce un frutto omologato destinato al mercato globale. In pratica potrebbe benissimo essere fatta sul tetto dei magazzini della frutta o sui piazzali o sui tetti dei capannoni abbandonati di qualsiasi zona industriale, cambierebbe solo l’altitudine di coltivazione, null’altro.

Allora perché utilizzare 2500metri quadrati di prato di pregio (sottraendolo di fatto alla zootecnìa che reclama continuamente prati) per installare una coltura che nulla a che fare ha con quel luogo??

Poniamoci alcune domande:

1)      perché coltivare lamponi fuori terra in capannoni di pvc , con un ingente investimento finanziario e un pesante danno al paesaggio che si ripercuoterà sull’economia turistica locale, con ingente produzione di rifiuti, come i sacchi in pvc del terriccio e il terriccio stesso da smaltire ogni anno come rifiuto speciale e le piante da smaltire più volte rispetto all’arco di vita temporale di un lampone coltivato in suolo e che dal suolo stesso trae linfa vitale e non da composti di sintesi chimica? Perché produrre frutti destinati al mercato globale, nel momento in cui i mercati globali stanno uccidendo le agricolture italiane? Perché danno un guadagno certo, matematico, risponde l’agricoltore!

2)      Perché l’agricoltore non intraprende colture legate al terreno e al territorio, destinate al consumo locale, alla famosa filiera corta di cui tanto si parla? Perché non esiste ancora un mercato locale strutturato in maniera da dare garanzie economiche?Non c’è consumo, risponde l’agricoltore. In effetti, dopo anni di insistenze e proposte non esiste ancora un punto vendita di prodotti locali sullo stile Val di Gresta, il chè lascia le orticolture nonese confinate a livello “hobbystico”, eccezione fatta per il progetto privato “Dal Gran al Pan” della cerealicoltura e panificazione locale che ha avuto ottima riuscita.

3)      Perché a Cavareno, che ha adottato misure urbanistiche atte ad evitare infrastrutture in campagna, è possibile fare questo? Perché è stata lasciata una finestra su quel territorio in cui poter svolgere agricoltura industriale, altrimenti il PRG non sarebbe stato approvato dalla provincia, ci rispondono.

Alla fine ci chiediamo: perché nonostante tutti i discorsi sulla biodiversità e sulla diversificazione delle pratiche agricole, sui criteri di gestione del territorio e del paesaggio tesi a salvaguardare quello che è il patrimonio esclusivo di certe zone del trentino come l’Alta Val di Non, il paesaggio appunto,  evitandone la colonizzazione da parte del latifondo frutticolo, perché si opta ancora in questa zona per una produzione frutticola industriale che è l’antitesi di tutto quanto di cui si è parlato negli ultimi anni?

È colpa degli agricoltori, dei consumatori, della politica, degli amministratori??

Forse di tutti, sicuramente manca un coordinamento di idee e di pianificazione di un sistema territorio che , mentre si arrovella su unioni e fusioni e gestioni associate, presta il fianco ad azioni depauperanti del proprio paesaggio, unica sua esclusiva e vera risorsa. L’agricoltura di montagna è una risorsa materiale e immateriale legata al territorio, ne conserva e valorizza le caratteristiche e costituisce parte sostanziale di di un sistema economico fondato sulla sinergia di agricoltura-turismo-commercio-artigianato, attività che garantiscono lavoro per tutti e vivibilità dei paesi di montagna.

Oltre a ciò che i residenti e le amministrazioni locali hanno fatto nei limiti delle loro possibilità, per la salvaguardia e valorizzazione delle praterie di montagna,  Alta Val di Non , Smarano e Rumo, è necessaria una supervisione e un coordinamento a livello provinciale che riconosca e onori criteri che a parole condivide ma per i quali nei fatti non è presente; serve una concreta e concertata azione di sostegno all’agricoltura di montagna, ad una zootecnia che è custode e manutentrice del territorio prativo ma che nei fatti è in costante difficoltà perché sotto lo scacco dei mercati globali.

Le agricolture di montagna hanno una funzione che va al di la delle produzioni, sono i famosi “giardinieri del territorio”, vanno seguite, coordinate, sostenute.

 

Giuliano Pezzini 

 

Sarà il mercato a promuovere il biologico?

 

Sarà Il Mercato A Promuovere Il Biologico?

AGRICOLTURA BIOLOGICA,

la promuoviamo da anni, chiediamo da anni di abbandonare l'uso di diserbanti e pesticidi e di avere sul mercato prodotti buoni e sani provenienti da pratiche agricole rispettose dell'ambiente e del paesaggio, con particolare attenzione per quelli locali. 

La richiesta di alimenti biologici è in costante chrescita ormai da parecchi anni, fortunatamente l'offerta viaggia di pari passo, a testimonianza che è la richiesta che condiziona il mercato e le pratiche produttive.

Abbiamo recentemente appreso che anche Melinda si avvia sulla strada della frutticoltura biologica, quando fino a pochi anni fa sentivamo l'allora Direttore dichiarare in conferenze pubbliche " biologico o integrato non sono uno migliore dell'altro, sono solo due modi diversi di coltivare".  Meglio tardi che troppo tardi e speriamo che il mondo degli agricoltori sia più veloce delle proprie organizzazioni cooperative e sindacali, nel capire che la strada per essere apprezzati sul mercato implica rispetto dell'ambiente, delle persone, degli alimenti che si producono, oltrechè risparmio di denaro nell'acquisto di pesticidi e per la loro irrorazione!

Abbiamo sempre sostenuto che è la richiesta di mercato che condiziona le produzioni, allora avanti a cercare prodotti biologici, in questa maniera promuoveremo pratiche produttive nel rispetto del nostro ambiente!

 

 

 

 

che agricoltura vogliamo ?

BIOLOGICA, BIODINAMICA, TRADIZIONALE, CONVENZIONALE, NATURALE, che agricoltura vogliamo??

Una giungla di definizioni, ma l’agricoltura rimane sempre e comunque la coltivazione della terra per produrre cibo o piante ornamentali  e paesaggi !

Come possiamo muoverci per capire cosa vogliono dire queste definizioni, di cui si fa grande uso, talvolta anche in modo improprio?

Serve fare chiarezza, sono solo parole, ma se non propriamente comprese possono dare adito a interpretazioni  non corrette… spesso succede.

BIOLOGICO: Sentiamo dire ogni tanto: non credo nel biologico, è spesso un modo per vendere prodotti di seconda scelta ………………..

BIODINAMICO: un mistero, sa di magico, trascendentale, ma è concreto, reale, in sintonia con la natura e il pianeta e l’universo.

CONVENZIONALE: che agricoltura è?  È vero che non può esistere agricoltura senza chimica?? Chi lo ha detto? Abbiamo fior di tecnici preparatissimi sulle agricolture biologiche e naturali, per virare l’indirizzo dell’agricoltura verso la sostenibilità ambientale, è l’agricoltura del futuro !

TRADIZIONALE: è spesso usato impropriamente, si definisce spesso come tradizionale la frutticoltura intensiva, pratica degli ultimi decenni, dimenticando che l’agricoltura tradizionale è sempre stata policolturale per produrre cibo locale, non monoculturale per i mercati globali.

NATURALE: bello e affascinante il definire naturale l’agricoltura, anche da spesso adito a dubbi e sospetti..

Approfondiamo queste terminologie per avere proprietà di linguaggio.. 

 
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