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Scritto da Super User Categoria: articoli nostri
Pubblicato 25 Agosto 2014 Visite: 13844
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Negli ultimi anni alcuni Comuni Trentini hanno iniziato ad adottare Regolamenti per l’Attività Agricola sviluppati intorno ad un principio di cui poco si era parlato prima d’ora: il Principio di Precauzione*

Nel 2010 il Comune di Malosco ha adottato  quello che oggi è conosciuto a livello internazionale come il “Regolamento dell’agricoltura di Malosco”;

(si vedano anche a riguardo:  Sentenza del Consiglio di Stato e Parere del Consiglio dei Comuni )

nel 2014 Vallarsa adotta  quello che chiameremo “Regolamento dell’Agricotura di Vallarsa”.

Il comune denominatore dei due Regolamenti è il “ principio di precauzione”,  adottato in questo caso dal Sindaco, in qualità di ufficiale sanitario responsabile della salute dei suoi censiti e della salubrità dell’ambiente.

Diversi anche i criteri di intervento dei due regolamenti:

quello di Malosco, in estrema sintesi, getta le basi per l’Agricoltura “che si rispetti”,  attraverso poche e semplici regole:

-          Divieto di utilizzo di prodotti tossici e tossici +

-          50 metri di distanza per i trattamenti effettuati con atomizzatori

-          Barriera vegetale a fine coltura, non solo verso zone definite sensibili (strade, abitazioni, cimiteri, piazze, scuole ecc..) ma anche verso i terreni confinanti, utilizzati per colture diverse, che non devono, di diritto, essere contaminate da quanto succede nel terreno vicino.

quello di Vallarsa affronta la tematica da una prospettiva diversa, quella cioè delle esternalità** positive o negative delle attività agricole:

-          Esternalità positive dell’agricoltura: produzioni di alimenti attraverso buone pratiche,  manutenzione e cura del territorio, corsi d’acqua, strade di accesso ecc..( pratiche agricole da sostenere e incentivare)

-          Esternalità negative: contaminazione dell’ambiente e delle persone da uso di pesticidi o diserbanti, pericoli in genere derivanti dalla conduzione dell’attività di coltivazione, costituenti pericolo potenziale o reale per il territorio e per gli abitanti. (costi ambientali da imputare a chi produce esternalità negative)

Il principio su cui si basa il Regolamento di Vallarsa prevede la possibilità del Comune di rivalersi nei confronti di chi esercita attività agricole potenzialmente pericolose, per ambiente e abitanti, adottando strumenti di indennizzo (fidejussioni bancarie o assicurazioni a favore del Comune), che consentano al Comune di rientrare dei danni eventualmente subiti, anche a lungo termine. (principio “chi inquina paga”)

Questi Regolamenti sono stati oggetto di forti discussioni sulla stampa e in varie sedi: è lecito impedire l’utilizzo di pesticidi di sintesi o di imporre strumenti di garanzia all’agricoltura convenzionale? Chi deve decidere quali prodotti usare in agricoltura? Abbiamo sentito le risposte più disparate, come “deve decidere il mercato” oppure un sindacato contadino che è contrario al “biologico obbligatorio” e altre più o meno fantasiose o grottesche.

Il punto fermo è solo uno: il Sindaco è l’ufficiale sanitario ed è personalmente responsabile della salute dei cittadini e della salubrità dell’ambiente. Egli deve adottare il principio di precauzione e amministrare il suo Comune in modo che la salute e il benessere degli abitanti siano rispettati.

Stabilito questo possiamo facilmente capire che non saranno nè  il mercato, né i contadini, né tantomeno un referendum popolare a decidere per la salute degli abitanti di un Comune, ma solo il Sindaco e l’Amministrazione Comunale che dovrà mettere in condizioni il Sindaco agire in maniera responsabile.

A tutto questo si aggiunge la Sentenza di Pistoia, del 26 agosto 2014, che sentenzia che le derive dei trattamenti fitosanitari eseguiti sulle colture non devono arrivare nei fondi dei vicini, come già detto nella sentenza del consiglio di stato al Regolamento di Malosco, in cui si avvallava la prescrizione riguardante la distanza di 50m da confine per le irrorazioni e la siepe vegetale a fine coltura per evitare al massimo la contaminazione del fondo del vicino, che ha diritto di non essere contaminato. Nella sentenza di Pistoia si precisa che l’esistenza del LMR (Limite Massimo Residuo di pesticidi negli alimenti) riguarda le qualità alimentari dei prodotti, cioè quando vengono consumati, ma nulla ha a che vedere con l’inalazione dei pesticidi da parte dei confinanti, vi si legge infatti: la normativa prevede un Limite Massimo Residuo nelle derrate alimentari connesso alla valutazione di tossicità a lungo termine del prodotto. Irrilevante appare, nel caso di specie, accertare se tale LMR sia stato o meno superato perché ciò attiene alla quantità massima ingeribile al termine del “tempo di carenza” fissato dalla normativa (oscillante da tre a venti giorni – pag. 14 della relazione del CTU); l’immissione del prodotto antiparassitario nella proprietà confinante (dato accertato) comporta ineluttabilmente l’inalazione dello stesso da parte delle persone che si trovano nella proprietà, sebbene per quantità e tempi non accertabili. La normativa consenta la messa in commercio di prodotti alimentari con il L.M.R. per il rame di 5mg/kg ma non certo l’inalazione diretta da parte dell’uomo di prodotti  antiparassitari.

 

 

Ai  non-agricoltori nasce una domanda: dove è la novità?

 Il Sindaco è sempre stato responsabile della salute pubblica e della salubrità dell’ambiente,  ogni Sindaco e ogni Amministrazione dovrebbero adottare misure analoghe a Malosco e Vallarsa! (Cavareno per esempio ha adottato il Regolamento di Malosco da qualche tempo ormai)

Che senso hanno le polemiche lette sulla stampa nei giorni scorsi, in cui si ipotizzano violazioni della libertà di azione degli agricoltori, oppure che sia il mercato a decidere se poter utilizzare o meno pesticidi e diserbanti in agricoltura, oppure che si demandi questa decisione ad una consultazione popolare? Qualcuno o qualcosa può imporre al sindaco di non adempiere al suo dovere di salvaguardare la salute degli abitanti del suo Comune? No, e allora?

Ognuno di noi pensa ad un agricoltura che produce alimenti buoni e sani, che senso ha l’esistenza di un  agricoltura che sfrutta e spreme il terreno e oltretutto lo diserba pregiudicandone la fertilità, che produce cibi utilizzando cocktail di pesticidi che vanno a contaminare ambiente e abitanti?

È il mondo dell’agricoltura che ci deve insegnare i suoi ritmi, le sue potenzialità, i suoi limiti; l’agricoltura ci deve spiegare che forzare le produzioni e i ritmi con diserbanti e fertilizzanti pregiudica la fertilità del terreno e la persistenza della sua capacità produttiva, e che per questo va riconosciuto un adeguato valore economico ai prodotti della natura e al lavoro degli agricoltori!

Il mondo agricolo delle grandi produzioni risponde che, per essere competitivi sul mercato, è necessario utilizzare anche pesticidi e diserbanti, per garantire un risultato estetico e quantitativo che renda il prodotto appetibile e concorrenziale per il mercato, per soddisfare le esigenze del mercato e del consumatore.

Ma noi non-agricoltori allora cosa vogliamo? Quale responsabilità abbiamo nei confronti dell’agricoltura, visto che le pratiche agricole potenzialmente pericolose e impattanti vengono adottate in nome della soddisfazione del mercato e del consumatore??

Noi non – agricoltori, definiti anche consumatori, abbiamo il potere e la responsabilità di mettere l’agricoltura in condizioni di rispettare sé stessa, l’ ambiente, il paesaggio e gli abitanti delle zone rurali, di essere  produttrice di alimenti buoni, puliti e giusti.

Capiamo allora che mangiare è un atto agricolo di grande responsabilità!.....

 

*

principio di precauzione: (http://it.wikipedia.org/wiki/Principio_di_precauzione)

A seguito della Conferenza sull'Ambiente e lo Sviluppo delle Nazioni Unite (Earth Summit) di Rio de Janeiro del 1992, a cui parteciparono più di centottanta delegazioni governative da tutto il mondo, venne ratificata la Dichiarazione di Rio[1], una serie di principi non impegnativi riguardanti le responsabilità ed i diritti degli Stati, per cercare di mettere insieme le esigenze dello sviluppo con quelle della salvaguardia ambientale.

Il principio di precauzione venne definito dal principio 15 come segue:
« Al fine di proteggere l'ambiente, un approccio cautelativo dovrebbe essere ampiamente utilizzato dagli Stati in funzione delle proprie capacità. In caso di rischio di danno grave o irreversibile, l'assenza di una piena certezza scientifica non deve costituire un motivo per differire l'adozione di misure adeguate ed effettive, anche in rapporto ai costi, dirette a prevenire il degrado ambientale »

**

Esternalità (http://it.wikipedia.org/wiki/Esternalità)

In economia una esternalità si manifesta quando l'attività di produzione o di consumo di un soggetto influenza, negativamente o positivamente, il benessere di un altro soggetto, senza che quest’ultimo riceva una compensazione (nel caso di impatto negativo) o paghi un prezzo (nel caso di impatto positivo) pari al costo o al beneficio sopportato/ricevuto.L'esternalità indica dunque l'effetto di un'attività che ricade verso soggetti che non hanno avuto alcun ruolo decisionale nell'attività stessa…..

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