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ALTANAUNIA COMUNE UNICO

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Incontro dopo incontro nei vari Paesi dell'Alta Val di Non, si rafforza e consolida la convinzione che il Comune Unico Altanaunia sia la via da percorrere per la gestione del nostro territorio. 
Una regìa unica nella gestione del nostro territorio, in cui tutte le attività economiche e sociali siano gestite con competenza e professionalità, grazie ad un apparato ammistrativo in cui sia possibile la specializzazione di tecnici e amministratori nei vari complessi settori della gestione della cosa pubblica.
Una visione univoca, che abbia come obbiettivo la valorizzazione delle potenzialità che un territorio come il nostro, ci offre ogni giorno. 
Una regìa unica per un'espressione equilibrata di tutte le attività già presenti sul territorio, da quella agricola a quella turistica, dal commercio all'artigianato a tutti i servizi correlati; per opportunità occupazionali per tutti e in tutti i settori di attività, in tutte le comunità. 
Ancora una regìa unica per la valorizzazione di elementi presenti sul territorio ma che non trovano ancora adeguata attenzione e valorizzazione: vediamo la pista ciclopedonale, potenziale strumento di promozione del nostro territorio, ma decisamente sottoutilizzata; vediamo il Castello di Malosco, che non smetto di ricordare, che domina la valle a 360 gradi, che arte, musica, danza, cultura, storia, devono rendere polo di attrazione e scambio culturale e ricaduta di eccellenza sull'economia turistica dell'Altanaunia; vediamo l'idea di Progetto dell' Ortoparco, proposto qualche anno da Alta Val di Non-Futuro Sostenibile, ma ancora nel cassetto, una realtà in cui "coltivare" le attività agricole tipiche di montagna, un polo formativo, una proposta della cultura dell'agricoltura familiare, di erbe spontanee e officinali, di esaltazione delle potenzialità della biodiversità di montagna e delle opportunità occupazionali in senso agricolo-commerciale-artigianale-turistico che ne possono derivare, un polo di eccellenza nel panorama della cultura agricola del Trentino, ....e chissà quante altre potenzialità possiamo aggiungere....
Da questo punto di osservazione capiamo ciò che vogliono comunicarci i cinque sindaci che hanno dato il via al Comune Unico, cioè che gli attuali comuni sono divenuti divenuti "piccoli" per gestire l'espressione delle potenzialità di un'area vasta omogenea come l'Alta Val di Non.
Abbiamo l'opportunità di votare SI per il COMUNE UNICO ALTANAUNIA al referendum del 14 dicembre 2014, con la consapevolezza e l'orgoglio della responsabilità che ognuno di noi ha nella gestione futura del nostro territorio, unendo le energie, le risorse e le potenzialità dei paesi.

 

I Regolamenti dell'Agricoltura di Malosco e Vallarsa e la Sentenza di Pistoia

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Negli ultimi anni alcuni Comuni Trentini hanno iniziato ad adottare Regolamenti per l’Attività Agricola sviluppati intorno ad un principio di cui poco si era parlato prima d’ora: il Principio di Precauzione*

Nel 2010 il Comune di Malosco ha adottato  quello che oggi è conosciuto a livello internazionale come il “Regolamento dell’agricoltura di Malosco”;

(si vedano anche a riguardo:  Sentenza del Consiglio di Stato e Parere del Consiglio dei Comuni )

nel 2014 Vallarsa adotta  quello che chiameremo “Regolamento dell’Agricotura di Vallarsa”.

Il comune denominatore dei due Regolamenti è il “ principio di precauzione”,  adottato in questo caso dal Sindaco, in qualità di ufficiale sanitario responsabile della salute dei suoi censiti e della salubrità dell’ambiente.

Diversi anche i criteri di intervento dei due regolamenti:

quello di Malosco, in estrema sintesi, getta le basi per l’Agricoltura “che si rispetti”,  attraverso poche e semplici regole:

-          Divieto di utilizzo di prodotti tossici e tossici +

-          50 metri di distanza per i trattamenti effettuati con atomizzatori

-          Barriera vegetale a fine coltura, non solo verso zone definite sensibili (strade, abitazioni, cimiteri, piazze, scuole ecc..) ma anche verso i terreni confinanti, utilizzati per colture diverse, che non devono, di diritto, essere contaminate da quanto succede nel terreno vicino.

quello di Vallarsa affronta la tematica da una prospettiva diversa, quella cioè delle esternalità** positive o negative delle attività agricole:

-          Esternalità positive dell’agricoltura: produzioni di alimenti attraverso buone pratiche,  manutenzione e cura del territorio, corsi d’acqua, strade di accesso ecc..( pratiche agricole da sostenere e incentivare)

-          Esternalità negative: contaminazione dell’ambiente e delle persone da uso di pesticidi o diserbanti, pericoli in genere derivanti dalla conduzione dell’attività di coltivazione, costituenti pericolo potenziale o reale per il territorio e per gli abitanti. (costi ambientali da imputare a chi produce esternalità negative)

Il principio su cui si basa il Regolamento di Vallarsa prevede la possibilità del Comune di rivalersi nei confronti di chi esercita attività agricole potenzialmente pericolose, per ambiente e abitanti, adottando strumenti di indennizzo (fidejussioni bancarie o assicurazioni a favore del Comune), che consentano al Comune di rientrare dei danni eventualmente subiti, anche a lungo termine. (principio “chi inquina paga”)

Questi Regolamenti sono stati oggetto di forti discussioni sulla stampa e in varie sedi: è lecito impedire l’utilizzo di pesticidi di sintesi o di imporre strumenti di garanzia all’agricoltura convenzionale? Chi deve decidere quali prodotti usare in agricoltura? Abbiamo sentito le risposte più disparate, come “deve decidere il mercato” oppure un sindacato contadino che è contrario al “biologico obbligatorio” e altre più o meno fantasiose o grottesche.

Il punto fermo è solo uno: il Sindaco è l’ufficiale sanitario ed è personalmente responsabile della salute dei cittadini e della salubrità dell’ambiente. Egli deve adottare il principio di precauzione e amministrare il suo Comune in modo che la salute e il benessere degli abitanti siano rispettati.

Stabilito questo possiamo facilmente capire che non saranno nè  il mercato, né i contadini, né tantomeno un referendum popolare a decidere per la salute degli abitanti di un Comune, ma solo il Sindaco e l’Amministrazione Comunale che dovrà mettere in condizioni il Sindaco agire in maniera responsabile.

A tutto questo si aggiunge la Sentenza di Pistoia, del 26 agosto 2014, che sentenzia che le derive dei trattamenti fitosanitari eseguiti sulle colture non devono arrivare nei fondi dei vicini, come già detto nella sentenza del consiglio di stato al Regolamento di Malosco, in cui si avvallava la prescrizione riguardante la distanza di 50m da confine per le irrorazioni e la siepe vegetale a fine coltura per evitare al massimo la contaminazione del fondo del vicino, che ha diritto di non essere contaminato. Nella sentenza di Pistoia si precisa che l’esistenza del LMR (Limite Massimo Residuo di pesticidi negli alimenti) riguarda le qualità alimentari dei prodotti, cioè quando vengono consumati, ma nulla ha a che vedere con l’inalazione dei pesticidi da parte dei confinanti, vi si legge infatti: la normativa prevede un Limite Massimo Residuo nelle derrate alimentari connesso alla valutazione di tossicità a lungo termine del prodotto. Irrilevante appare, nel caso di specie, accertare se tale LMR sia stato o meno superato perché ciò attiene alla quantità massima ingeribile al termine del “tempo di carenza” fissato dalla normativa (oscillante da tre a venti giorni – pag. 14 della relazione del CTU); l’immissione del prodotto antiparassitario nella proprietà confinante (dato accertato) comporta ineluttabilmente l’inalazione dello stesso da parte delle persone che si trovano nella proprietà, sebbene per quantità e tempi non accertabili. La normativa consenta la messa in commercio di prodotti alimentari con il L.M.R. per il rame di 5mg/kg ma non certo l’inalazione diretta da parte dell’uomo di prodotti  antiparassitari.

 

 

Ai  non-agricoltori nasce una domanda: dove è la novità?

 Il Sindaco è sempre stato responsabile della salute pubblica e della salubrità dell’ambiente,  ogni Sindaco e ogni Amministrazione dovrebbero adottare misure analoghe a Malosco e Vallarsa! (Cavareno per esempio ha adottato il Regolamento di Malosco da qualche tempo ormai)

Che senso hanno le polemiche lette sulla stampa nei giorni scorsi, in cui si ipotizzano violazioni della libertà di azione degli agricoltori, oppure che sia il mercato a decidere se poter utilizzare o meno pesticidi e diserbanti in agricoltura, oppure che si demandi questa decisione ad una consultazione popolare? Qualcuno o qualcosa può imporre al sindaco di non adempiere al suo dovere di salvaguardare la salute degli abitanti del suo Comune? No, e allora?

Ognuno di noi pensa ad un agricoltura che produce alimenti buoni e sani, che senso ha l’esistenza di un  agricoltura che sfrutta e spreme il terreno e oltretutto lo diserba pregiudicandone la fertilità, che produce cibi utilizzando cocktail di pesticidi che vanno a contaminare ambiente e abitanti?

È il mondo dell’agricoltura che ci deve insegnare i suoi ritmi, le sue potenzialità, i suoi limiti; l’agricoltura ci deve spiegare che forzare le produzioni e i ritmi con diserbanti e fertilizzanti pregiudica la fertilità del terreno e la persistenza della sua capacità produttiva, e che per questo va riconosciuto un adeguato valore economico ai prodotti della natura e al lavoro degli agricoltori!

Il mondo agricolo delle grandi produzioni risponde che, per essere competitivi sul mercato, è necessario utilizzare anche pesticidi e diserbanti, per garantire un risultato estetico e quantitativo che renda il prodotto appetibile e concorrenziale per il mercato, per soddisfare le esigenze del mercato e del consumatore.

Ma noi non-agricoltori allora cosa vogliamo? Quale responsabilità abbiamo nei confronti dell’agricoltura, visto che le pratiche agricole potenzialmente pericolose e impattanti vengono adottate in nome della soddisfazione del mercato e del consumatore??

Noi non – agricoltori, definiti anche consumatori, abbiamo il potere e la responsabilità di mettere l’agricoltura in condizioni di rispettare sé stessa, l’ ambiente, il paesaggio e gli abitanti delle zone rurali, di essere  produttrice di alimenti buoni, puliti e giusti.

Capiamo allora che mangiare è un atto agricolo di grande responsabilità!.....

 

*

principio di precauzione: (http://it.wikipedia.org/wiki/Principio_di_precauzione)

A seguito della Conferenza sull'Ambiente e lo Sviluppo delle Nazioni Unite (Earth Summit) di Rio de Janeiro del 1992, a cui parteciparono più di centottanta delegazioni governative da tutto il mondo, venne ratificata la Dichiarazione di Rio[1], una serie di principi non impegnativi riguardanti le responsabilità ed i diritti degli Stati, per cercare di mettere insieme le esigenze dello sviluppo con quelle della salvaguardia ambientale.

Il principio di precauzione venne definito dal principio 15 come segue:
« Al fine di proteggere l'ambiente, un approccio cautelativo dovrebbe essere ampiamente utilizzato dagli Stati in funzione delle proprie capacità. In caso di rischio di danno grave o irreversibile, l'assenza di una piena certezza scientifica non deve costituire un motivo per differire l'adozione di misure adeguate ed effettive, anche in rapporto ai costi, dirette a prevenire il degrado ambientale »

**

Esternalità (http://it.wikipedia.org/wiki/Esternalità)

In economia una esternalità si manifesta quando l'attività di produzione o di consumo di un soggetto influenza, negativamente o positivamente, il benessere di un altro soggetto, senza che quest’ultimo riceva una compensazione (nel caso di impatto negativo) o paghi un prezzo (nel caso di impatto positivo) pari al costo o al beneficio sopportato/ricevuto.L'esternalità indica dunque l'effetto di un'attività che ricade verso soggetti che non hanno avuto alcun ruolo decisionale nell'attività stessa…..

 

La Filiera Corta

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La Filiera Corta

Da tempo sentiamo parlare sempre più spesso di “filiera corta”.

Ma cosa sono la filiera e la filiera corta per definizione? Rifacciamoci alla descrizione di wikipedia:

Con filiera (agro-alimentare, industriale, tecnologica) si intende, in senso lato, l'insieme articolato (anche detto 'rete' o 'sistema') che comprende le principali attività (ed i loro principali flussi materiali e informativi), le tecnologie, le risorse e le organizzazioni che concorrono alla creazione, trasformazione, distribuzione, commercializzazione e fornitura di un prodotto finito; in senso più stretto, si intende l'insieme delle aziende che concorrono alla catena di fornitura di un dato prodotto. Il termine è stato coniato dall'agronomo francese Louis Malassis.

La filiera può essere semplice o complessa a seconda di quanti passaggi subisce il prodotto prima di arrivare al prodotto finito.

Di norma, per la sua importanza per il consumo, sono considerate primarie per importanza le filiere alimentari.

In funzione della loro complessità le filiere sono diversamente considerate; le filiere ortofrutticole sono più semplici di quelle lattiero-casearie o animali.

La filiera corta è una filiera produttiva caratterizzata da un numero limitato e circoscritto di passaggi produttivi, e in particolare di intermediazioni commerciali, che possono portare anche al contatto diretto fra il produttore e il consumatore.

Lo scopo principale di tale filiera è contenere e ridurre i costi al consumo dei prodotti. La filiera corta è inoltre il modello cui si ispirano i Gruppi di Acquisto Solidale per poter riconoscere un prezzo più equo ai produttori.

 

 

 

 

In sintesi:

  • filiera lunga: produttore - consorzio o cooperativa – agente – grossista – dettagliante - consumatore
  • filera corta: produttore - consumatore  oppure  produttore – trasformatore - consumatore oppure produttore - dettagliante - consumatore

Continuiamo con le nostre considerazioni sull’importanza della gestione a filiera corta dei prodotti alimentari in ambito locale:

nelle zone di montagna come le nostre, esistono aziende agricole a dimensione familiare, o privati, che coltivano frutti e verdure o allevano animali da latte o carne o uova, tendenzialmente in modo naturale, secondo la tradizione di sapiente gestione del terreno e dei paesaggi, pur utilizzando mezzi moderni e metodi che attingono a saperi attuali e innovativi, ottenendo in tal modo prodotti agricoli nutrizionalmente qualificati, in quantità spesso non appetibili per le filiere lunghe e per la Grande Distribuzione Organizzata.

Queste realtà agricole producono pertanto non solo alimenti, ma gestione e manutenzione del territorio, costituendo un’insostituibile risorsa per il territorio stesso.

Esse costituiscono anche un bacino di prodotti alimentari identitari e caratterizzanti del territorio, visto che ogni terreno, in base alla sua composizione, altitudine, umidità, esposizione al sole e al vento, determina qualità e proprietà irripetibili alle piante e agli animali che vi crescono.

Le filiere corte sono definite attività agricole “marginali” in quanto apparentemente non generano importanti guadagni economici, ma nel bilancio complessivo costituiscono l’ossatura della gestione del paesaggio, dell’ambiente e cioè del territorio montano. Sono pertanto da noi considerate NON marginali, ma ESSENZIALI, da valorizzare e custodire.

Manutenzione del territorio dunque, ma anche socialità, economia, turismo, qualità di vita.

È importante avere “un contadino per amico”, lo saluti e ci parli, lo vedi negli occhi e ti fidi di quello che egli ti propone, dei suoi prodotti che cambiano in base alla  apprezza queste realtà, non cerca non solo i prodotti locali, ma anche e soprattutto esperienze da vivere in relazione con il mondo contadino, in un sistema montagna in cui i paesi sono inseriti nel contesto agricolo, e dovunque si ci diriga si arriva in sistemi naturali di prati, campi, boschi. 

La filiera corta, dal produttore al consumatore, costituisce inoltre il più valido, efficace, economico sistema di controllo e certificazione: sentiamo spesso (troppo spesso) parlare di contraffazioni in ambito alimentare, il più delicato e serio, visto che di cose da mangiare e da introdurre dentro noi stessi si tratta; sentiamo parlare di cibi contaminati, che provengono da non si sa dove e non si sa come, importati dall’estero e marchiati come prodotti italiani, e mille altre modalità per propinarci alimenti per la produzione e commercializzazione dei quali si è pensato più ai guadagni che alla salute dei consumatori.

La qualità dei prodotti di piccole aziende che conducono l’attività agricola in modo naturale, è tendenzialmente migliore dei prodotti industriali, soprattutto, a detta di esperti in campo medico o nutrizionale, sono “nutrizionalmente qualificati”, cresciuti secondo ritmi naturali arricchendosi delle sostanze che sono loro proprie, grazie soprattutto al crescere in terreni naturali, fertili e vivi, senza l’utilizzo di diserbanti o disseccanti e di concimi chimici, secondo quelle che si definiscono “buone pratiche agricole”. (questo ovviamente dipende dalle modalità colturali che il contadino adotta, ma vogliamo pensare che sia cosi, non avrebbe senso altrimenti parlare di agricoltura di montagna)

Ovviamente una piccola azienda locale, che ottiene piccole produzioni dal suo lavoro, deve avere comunque un tornaconto economico interessante, che giustifichi l’impegno e il rischio di lavorare “sotto il cielo”, e questo è possibile proprio grazie alla filiera corta. Nessun intermediario, o casomai l’associazione o il consorzio o la cooperativa, o la rete e-commerce, o il Gruppo di Acquisto Solidale, tutte realtà che costano poco e poco incidono sul guadagno del produttore.

Ultima considerazione, ma non ultima se non principale, la motivazione sociale della filiera corta: il piacere di conoscere chi coltiva o alleva per tutti noi, il condividere le problematiche legate alla sua attività, il rapporto personale di fiducia e amicizia.

Ci piace pensare al partecipare alla vita professionale dei contadini, a collaborare affinchè il loro lavoro (duro) di coltivare e allevare, di gestire sapientemente il terreno, abbia modo di gestire il nostro territorio, il nostro ambiente e il paesaggio rurale, in modo da offrire a noi e alle generazioni future le migliori condizioni di vita.

La filiera corta e l’agricoltura familiare ci offrono la possibilità di contatto con la terra, fondamentale soprattutto per i bambini e i giovani, in città ma ultimamente anche nei paesi, troppo spesso lontani dalla terra,. Rabbrividiamo pensando che per molti bambini e giovani gli alimenti crescano sugli scaffali dei supermercati dentro le scatole o i tetrapak o nel nylon!

Buona filiera corta a tutti!

Giuliano Pezzini 

 

 

 

 

 

 

Bambini e fitofarmaci, quali rischi

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il tema di pesticidi e diserbanti in agricoltura è sempre più seguito ed esplorato, lo dimostra la serata organizzata a Cles in Val di Non (TN) il 6 giugno 2014 dal locale Comitato per il Diritto alla Salute, che ha avuto come protagonista la Dott.ssa Renata Alleva, ricercatrice. 

la registrazione della serata al link: https://www.youtube.com/watch?v=bVEo9hgH7mA  

buona visione e promuoviamo l'agricoltura consapevole...

 

 

La pianificazione territoriale ed il Piano territoriale di Comunità

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La pianificazione territoriale ed il Piano territoriale di Comunità

Il sistema della pianificazione territoriale provinciale si avvale dei seguenti strumenti:

a)   il piano urbanistico provinciale; (P.U.P)

b)   il piano territoriale della comunità; (P.T.C.)

c)   il piano regolatore generale (P.R.G.)

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