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convegno di roma 31-10-2015

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PESTICIDI, un problema nazionale ed europeo, comunque globale,

se ne parla in questo convegno a Roma il 31 ottobre 2015. si affrontano gli aspetti sanitari e giuridici, con riferimento esplicito al Principio di Precauzione, cui solo il Regolamento dell'Agricoltura di Malosco ha prestato attenzione finora in Trentino.

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le nostre malghe

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Le nostre malghe

 

 

L'alpeggio è l'attività agro-zootecnica che si svolge in montagna durante i mesi estivi.

Con il termine malga si fa riferimento all'insieme dei fattori produttivi fissi e mobili in cui avviene l'attività di monticazione: terreni, fabbricati, attrezzature, animali, lavorazione del latte prodotto.(wikipedia).

Le malghe costituiscono una realtà insostituibile:

-       per l’allevamento del bestiame

-       per l’equilibrio del carico di bestiame a valle

-       per la manutenzione dei prati di montagna

-       per la produzione di latte e derivati di alta qualità

-       per la sopravvivenza e la riproduzione di specie avicole protette

-       per l’attività turistica che generalmente si svolge nelle zone di montagna

Tendenzialmente le malghe vengono gestite dagli allevatori del paese, costituendo un “polmone” per la zootecnia e un’opportunità di lavoro per pastori e malgari, mantenendo inoltre i costi di spostamento del bestiame a livelli sopportabili. Costituiscono inoltre una fonte di prodotti di malga, dal latte ai suoi derivati, che, per le caratteristiche uniche e diverse da malga a malga, sono di particolare interesse sia per il mercato dei conoscitori e estimatori locali che internazionali (Slow Food)

L’attività del pastore e del casaro in malga, per quanto reputabile banale per un osservatore non attento, è quanto mai complessa e delicata: una corretta e oculata gestione del pascolo comporta conoscenze del territorio, della vegetazione, dei periodi in cui pascolare quali animali e per quanto tempo; la trasformazione del latte in burro e formaggi a latte crudo è operazione delicata ed effettuata con un prodotto, il latte appunto, che ogni giorno è diverso a seconda del pascolo e delle condizioni geografiche e metereologiche che gli animali hanno vissuto.

Negli ultimi anni si è verificato un fenomeno che ha messo in crisi il sistema delle malghe che nei secoli aveva raggiunto un buon equilibrio:

I territori delle malghe sono divenuti oggetto di attenzione da parte di aziende/enti/società provenienti da altre regioni, i quali hanno iniziato a prendere in gestione i territori di montagna allo scopo di fissare su di essi i titoli che danno diritto agli aiuti comunitari.

Detti titoli hanno conseguito nella storia valori diversi, in funzione della coltura che li ha generati (colture più redditizie hanno generato titoli più ricchi)  passando dai 70,00 €/ettaro circa (del trentino alto adige) fino a migliaia di €/ettaro generati da altre colture in altre zone. Chi possiede i titoli ha coltivato in passato colture che li hanno generati, oppure li ha acquistati da altri agricoltori.

In trentino non si è sviluppata in passato la corsa ai titoli, non si è focalizzata l’attenzione su questa opportunità speculativa, conseguentemente gli allevatori locali ricevono 72,00 €/ettaro per monticare bestiame non da latte e 90,00 €/ettaro per bestiame da latte, come contributo agroambientale di alpeggio, contro i 700,00-1000,00 €/ettaro delle Società venete che possiedono titoli “ricchi” da “fissare” , ad esempio, sulle nostre malghe. 

I nostri malgari potrebbero acquistare titoli, il mercato è libero, ma attualmente non sussistono la mentalità e i mezzi finanziari per farlo. 

 Appare chiaro che “fissare titoli” ( veneti ad esempio come caso più ricorrente) su territori come quelli delle nostre malghe, estesi (indicativamente dai 100 ai 1.000 ettari), ha come conseguenza un incasso di aiuti comunitari di somme decisamente superiore agli “aiuti agroambientali per l’alpeggio” trentini (dieci volte circa). È gioco facile per società proprietarie di tali titoli, offrire ai Comuni  canoni di affitto superiori a quelli del Malgaro locale.

Evidenziamo che affidare a società extra-provinciali la gestione delle malghe implica per i Comuni la sospensione degli Usi Civici sul territorio interessato!

Dal punto di vista dell’economia dei Comuni, l’affidamento a Società esterne al territorio potrebbe sembrare vantaggioso (maggiori introiti per i Comuni), se non fosse che l’incuria e la sottoattività di pascolamento attuate da detti gestori (che agiscono unicamente per denaro e non per necessità legate all’attività di allevamento della loro azienda o di manutenzione dei pascoli) hanno come conseguenza la trascuratezza del pascolo e dei prati di montagna, che, nel corso di pochi anni, vengono naturalmente invasi da arbusti e sterpaglie, degradandosi e non essendo più pascolabili, causando una pesante perdita in valore del territorio di montagna, difficilmente ripristinabile se non con ingenti spese (ben superiori al maggiore introito dei Comuni).

Riassumendo, l’affidamento delle malghe gestito in tal maniera comporta:

-       Maggiori introiti per i comuni (unico lato positivo ma solo in una visione di breve termine),

-       Impossibilità di concorrere da parte degli allevatori locali,

-       Inadeguata monticazione, sia numerica che di qualità e attenzione nel pascolamento,

-       Degradamento dei pascoli di montagna, difficilmente ripristinabili se non con ingenti investimenti sostenuti con denaro pubblico,

-       Spostamento del bestiame di valle su altre malghe più lontane con conseguente aumento dei costi di trasporto e gestione delle aziende zootecniche locali,

-       Declassamento della figura del malgaro-pastore, che da imprenditore conosciuto e stimato, cui affidare il proprio bestiame per la monticazione, si trova spesso in condizione di divenire dipendente degli affittuari di cui sopra, che scarsa se non nulla attenzione pongono nel pascolo e nelle produzioni di malga.

-       Sospensione del diritto agli “usi civici” da parte degli abitanti del Comune interessato (fatto di enorme rilevanza, vista l’importanza storica degli usi civici)

-       Perdita di territori preziosi per la conservazione dell’avifauna di montagna

 

È chiaro il perché questa pratica sia stata pubblicamente definita in svariate sedi e convegni:  “ una truffa legalizzata” oppure un’azione di “ gente che prende in affitto le malghe solo per il denaro degli aiuti comunitari”.

Uno dei casi più eclatanti, spesso preso ad esempio, anche se non unico, è quello di Castelfondo in Val di Non (TN), che da anni fa discutere e causa risentimenti e malumori , per non dire pesanti attriti, fra gli allevatori  e l’ Amministrazione comunale. Si tratta infatti di un paese a spiccata vocazione zootecnica, in cui eccelle un importante Caseificio per la produzione di Trentingrana e altre varietà di formaggi nostrani. Gli allevatori del paese, che da sempre mantengono e frequentano la montagna, che sentono fermamente loro, si sono visti “soffiare” la malga da una società veneta, e vedono ora vanificato il loro lavoro di manutenzione della montagna, oltre ad essere costretti a monticare il loro bestiame altrove, in altre malghe in altre valli.

La nuova Politica Agricola Comune 2014-2020 prevede il riallineamento graduale del valore dei titoli comunitari, che sarà però raggiunto solo nel corso di 6 anni circa.

Il fenomeno sopradescritto dovrebbe pertanto estinguersi automaticamente, ma per ora resta ai Comuni la responsabilità di scegliere fra un canone più alto di affitto delle malghe, legato peraltro ad un alto rischio di degrado dei prati di montagna con le immaginabili conseguenze negative sul valore del territorio, oppure l’affidamento ancora agli allevatori locali, malgari e pastori, che, pur offrendo un canone di affitto  inferiore, offrono adeguate garanzie di gestione dei pascoli.

I Comuni hanno la possibilità di affidare arbitrariamente la gestione delle proprie malghe a allevatori locali pur rinunciando a maggiori introiti. Unico problema è rappresentato dal fatto che in alcuni comuni è stata abbandonata la pratica dell’allevamento e non siano più presenti allevatori interessati alla gestione delle malghe!

Si auspica che la Provincia Autonoma di Trento, pienamente cosciente del fenomeno, inviti i Comuni, pur stretti nella morsa della carenza di fondi, ad evitare l’affidamento dei prati di montagna a gestori non assidui e motivati, spinti solo dal ritorno economico dell’operazione.

I prati di montagna sono  un bene comune, auspichiamo che un maggior introito di denaro a breve termine non si traduca in una perdita difficilmente riparabile a medio-lungo termine!

 

 

basta diserbanti sul suolo pubblico

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BASTA DISERBANTI CHIMICI A LATO STRADA E SUL SUOLO PUBBLICO !

E' avvilente e fa arrabbiare vedere i lati delle strade ingialliti dai diserbanti e pensare che oltre a respirarli passando sulla strada li troveremo anche nel terreno, nei corsi d’acqua e nei laghi!

La Val di Non è già tristemente nota in tutta Italia e Europa per l’uso massiccio di sostanze chimiche in agricoltura, non possiamo offrire a residenti e turisti un percorso stradale che evidenzi e consolidi la testimonianza dell’uso di diserbanti ormai noti a tutti per gli effetti nocivi sulla salute, e per gli effetti estetici deplorevoli!

Esistono innumerevoli ricerche scientifiche e consistente letteratura internazionale sulla pericolosità dei diserbanti chimici e gli effetti nocivi sull’ambiente e sulla salute!

È doveroso inoltre onorare l’impegno, l'attenzione e la consapevolezza di tanta agricoltura che in Trentino e oltre ha bandito l’uso dei diserbanti chimici in campagna,  prendendone esempio .

La pratica del diserbo chimico a lato strada e su tutti i suoli pubblici è assolutamente da evitare,  non è accettabile che si utilizzi il denaro dei contribuenti per l’acquisto e lo spargimento di sostanze pericolose per la salute dei contribuenti stessi, dagli operatori del Servizio Strade che per primi ne entrano in contatto, ai pedoni, ciclisti, automobilisti, alle api e agli animali costretti loro malgrado ad inalare e ingerire sostanze non necessarie e nocive!

Chiediamo pertanto al Servizio Gestione Strade della Provincia di Trento e a tutti i Comuni di sospendere la pratica del diserbo chimico su strade, piazze, parchi, marciapiedi e tutte le aree pubbliche, raccomandando ai privati di fare altrettanto.  L’erba non ammala nessuno, i diserbanti si!

 

GIORNALE

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I criteri di Expo 2015 e l’Alta Val di Non

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“ tutto è collegato. Una sana agricoltura fa bene alla salute. Una buona agricoltura tutela il paesaggio. Un paesaggio tutelato attira il turismo. Il turismo di qualità incentiva l’artigianato e crea nuova occupazione. Questo è il messaggio fondamentale per il nostro futuro e per il futuro dei nostri giovani”. Non sono parole di Alta Val di Non – Futuro Sostenibile, ma quelle pronunciate in questi giorni da Giulia Maria Mozzoni Crespi a OLTRE EXPO  alleanze per nutrire il pianeta.

In realtà però sono esattamente le parole e i criteri che Alta Val di Non – Futuro Sostenibile ha pronunciato in innumerevoli incontri, convegni, tavoli di confronto, e che ora riecheggiano anche nelle sale dell’evento dell’anno che segnerà la storia dell’alimentazione e di quanto connesso per i prossimi decenni..

L’argomento è fondamentale per  il futuro dei territori: il modello delle grandi produzioni da commercializzare sui mercati globali sta segnando pesantemente il passo e soprattutto lascia i produttori di cibo all’ultimo posto nella distribuzione del reddito delle filiere alimentari. “Questo sistema di economia agricola non funziona” dice Carlo Petrini, fondatore di Slow Food.

Vedremo evoluzioni importanti fra breve tempo: verrà meno il sistema delle “quote latte” senza sapere prevedere cosa succederà dopo, quando il mercato del latte sarà completamente libero… le frutticolture per grandi produzioni industriali non stanno più dando la sicurezza di reddito che hanno saputo garantire finora.

Il sistema di gestione dei territori va ridisegnato, e i criteri sono tracciati e ormai condivisi a tutti i livelli. Sarà un lavoro complesso da affrontare fra mondo dell’agricoltura e amministrazioni, popolazioni e attività economiche fra cui in primis quella turistica. Sarà necessario sincronizzare le produzioni agricole con i consumi, in particolare locali, privilegiando le filiere corte e il produttore come principale beneficiario del reddito del suo lavoro. Sarà un lavoro che coinvolgerà tutti, dai sindacati contadini alla Cooperazione, dagli operatori turistici alla popolazione tutta, dalle amministrazioni alle associazioni, ma sarà una grande opportunità per  l’Alta Val di Non,  che già ha in sé i presupposti per cavalcare l’onda di questa innovazione nella gestione del territorio e delle economie e della qualità della vita, verso l’idea dell’Altopiano del Benessere.

 

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